il tempo, dove il pensiero è l’atto del creato, dove ricercar la verità è ritrovar se stessi come conquista d’un tesoro nascosto.(Aaronn)

giovedì 25 novembre 2010

Figli della nostra Terra




Questa Lettera é la lettera nostalgica di tutti gli emigrati Cagliaritani che hanno dovuto lasciare l'Isola, in cerca di fortuna...il lavoro, la disocupazione, gli affetti spesso hanno spinto molti di noi a staccarci da questa Terra lamibita dal mare, dall'aria salmastra che profuma d'antico, che amiamo e ci portiamo a presso per tutta la vita, in qualunque posto andremo...il suo richiamo é forte. E grida dentro di noi, con toni strugenti, che sanno di invisibile unione.Noi sardi, isolani, tradizionalisti benché moderni e di ampie vedute, sentiremo sempre il richiamo della nostra bellissima Isola, e di quella Madre Buona che accoglie tutti i suoi figli nel suo caldo e tenero abbraccio

mercoledì 24 novembre 2010

LA GIARA DI GESTURI - Album fotografico n.1

7 purosangue uccisi

 

 

Sassari, strage di cavalli all'ippodromo, abbattuti sette purosangue

Strage all’ippodromo: sette purosangue sono stati uccisi l’altra notte nei box dell’impianto sassarese. I cavalli sono stati abbattuti a colpi di pistola, di piccolo calibro, da persone che conoscevano bene la zona e sapevano che non c’erano sistemi di controllo. Sei cavalli sono di Salvatore Pili, 46 anni, di Gavoi, allevatore famoso nell’ambiente, uno di Francesco Cottu di Ollolai. Gli inquirenti seguono la pista della gelosia per le vittorie della scuderia o la vendetta.Chi ha colpito ha dimostrato una perfetta conoscenza dei luoghi e dell'organizzazione del tempio delle corse. I box sono in un punto illuminato ma sprovvisto di telecamere. Ora, chi ha colpito ha dimostrato una perfetta conoscenza dei luoghi e dell'organizzazione del tempio delle corse. I box sono in un punto illuminato ma sprovvisto di telecamere,  i cavalli sopravvissuti sono nervosi, forse è l'odore della morte a renderli irrequieti. Gli sportelli di sette box grondano sangue che si allarga in vaste pozze nel terreno. A terra ci sono Moddone, Depp, Powerfull Girl, Melograno, Go and Win, Sa Via Longa ed Egam. Nella penombra si scorgono muscoli possenti e musi coperti di sangue. Intorno alle carcasse si agitano carabinieri in divisa e altri con le tute bianche. Nell'ippodromo diventato mattatoio c'è un'atmosfera irreale.
 
 
Adoro così tanto gli animali da non sopportare un tale scempio. Non ci sono scusanti per atti di questo calibro.
Il cavallo é un animale di indole docile, un grande amico dell'uomo. Si fida di noi, si fa cavalcare anche quando vive allo stato brado, se sai approcciarti a lui.
Chi ha conosciuto i cavallini della Giara, capisce che il cavallo dovrebbe vivere libero, nel suo habitat naturale.
Aborro le scommesse, ho cavalcato, si,  ma solo per diletto.

-janas-



martedì 23 novembre 2010

Domus de Janas S'acqua salida - Pimentel



Le domus de Janas S'acqua Salida o Pranu efis si trovano a pochi chilometri da Pimentel .Risalgono al Neolitico recente, ai tempi della Cultura di Ozieri (3400-2700 a.C.). Gli ipogei si presentano nei due tipi fondamentali a proiezione verticale con pozzetto d'accesso, anticella e cella, il tipo più antico, e a proiezione longitudinale, in un caso caratterizzato da un lungo corridoio d'accesso. La particolarità e il fascino delle domus de Janas di Pimentel è data dalle decorazioni graffite o dipinte con l'ocra rosso bruno.

Maria Carta - DEUS TI SALVET MARIA (trad. in italiano)

Setti fraris

lunedì 22 novembre 2010

LA BUONA NOTTE IN SARDO " Su lettu meu " @ Juannusai

Il nostro scraxoxu

Voglia di mare

Pensieri ancora da vivere
e sogni ancora da toccare
germogli di poesie ricordano momenti
dimenticati.
Voglia di mare si insinua sottopelle
e scivola.
Trema la voce al sentir l'eco della sua voce
dolce sentire di immagini e cantilene
culla la memoria
e intanto si fa di sogni l'anima tutta
-janas-

Donna in divenire - La Profezia della Curandera

Sos brebos

In Sardegna, specialmente nelle campagne, persistono ancora antiche tradizioni magiche, tanto che molti confidano ancora oggi nel soprannaturale, così come nei rimedi della medicina popolare; persistono ancora regole d’una vita che riflette, in molteplici aspetti, epoche pagane con certi riti e usanze mai mutati, che si avvalgono di scongiuri, preghiere, formule propiziatrici: sos berbos (o brebus).
Malocchio, magia e superstizione sono fortemente presenti nella tradizione popolare sarda; attraverso i riti magici, infatti, gli uomini cercano di proteggere se stessi e gli animali dalla cattiva sorte.
La magia è un’arte praticata soprattutto dalle donne.
Questo era, infatti, uno dei grandi ambiti in cui la donna sarda era protagonista e affermava se stessa: essere depositaria dell’arte magica dava alla donna l’opportunità di avere un ruolo sociale distinto dall’ambito familiare. Le doti magiche erano acquisite in eredità dalle madri che insegnavano alle proprie figlie un linguaggio di formule e riti da usare sia per fini terapeutici che per i sortilegi. “Avere fede in Dio, credere, conservare il segreto del rito” sono espressioni tipiche di un linguaggio in cui è evidente come fede e magia si intreccino dando vita ad un sincretismo magico-religioso in cui i valori pagani sono inestricabilmente legati ai valori cristiani.

Ruzaju

Sacerdotesse della Morte




C’era un tempo in cui la gente di uno stesso paese si conosceva per soprannome, un tempo nel quale la morte non era fatto di stato, un tempo in cui le strade al crepuscolo, poteva succedere venissero attraversate da piccole donnicciole che è d’obbligo immaginare vestite di nero. Non foss’altro per il loro tentativo di passare inosservate. 
C’era un tempo chi le chiamava sacerdotesse della morte e chi le chiamava donne esperte. Avete compreso delle nonnette alle quali mi riferisco? C’era chi le chiamava più sbrigativamente Accabadoras.
Il termine è pregno di una sonorità tutta spagnola, e mai nessun altro sarà tanto evocativo. Degradazione di acabar, queste donne che l’immaginario racconta d’età avanzata, “accabavano” appunto, ponevano la parola fine alla vita degli agonizzanti, che stentavano nell’abbandonarla.
A modo loro queste donne conoscevano perfettamente l’ anatomia umana, erano “praticas”, levatrici curatrici e anche capaci di uccidere con metodo e precisione: “Ne parlano ovunque, non può essere un mito, una fantasia dovuta all’ isolamento".
Si dice che entrasse nella stanza del morente vestita di nero e con il volto coperto, e che lo uccidesse tramite soffocamento con un cuscino, oppure colpendolo sulla fronte tramite un bastone d'ulivo(su mazzolu) o dietro la nuca con un colpo secco, o ancora strangolandolo ponendo il collo tra le sue gambe. Lo strumento più utilizzato, del quale si trovano ancor oggi dei reperti, consisteva in uma sorta di martello di legno ottenuto tagliando un ramo dal quale si dirama un ramo secondario più piccolo che tagliato a misura diveniva il manico del martello la cui testa era un moncone del ramo principale.
Uno strana e antica richiesta di eutanasia.